Cerca
Close this search box.

USA, tassate le navi Made in China: come cambia lo scenario dello shipping

Condividi

L’amministrazione Trump ha annunciato un piano eufemisticamente definibile ‘ambizioso’ per contrastare il dominio cinese nei settori del trasporto marittimo e della cantieristica navale

Le nuove misure, che includono tasse ad hoc e restrizioni, mirano a ridare slancio all’industria marittima americana e a disincentivare gli armatori ad essere dipendenti da forniture navali costruite in Cina. Inutile ribadire che questi provvedimenti potrebbero avere ripercussioni significative sul mondo dello Shipping e sulle economie globali, nonché nazionali.

I provvedimenti annunciati

Il piano di ‘lotta’ contro le portacontainer di fabbricazione cinese si articola in due fasi principali e, contrariamente a quanto ventilato in una prima bozza, non richiederà un’esorbitante tassa ad ogni attracco nei porti statunitensi di una nave varata in cantieri di Pechino.

La prima fase di questo piano prevede che, per i primi 180 giorni, le tariffe siano fissate a zero, al fine di permettere alle aziende di mettere in atto delle contromisure. Allo scadere di questi sei mesi, verranno introdotte tariffe incrementali basate sul tonnellaggio netto per viaggio negli Stati Uniti

Le quote da pagare partiranno da un minimo di $50 per tonnellata netta (NT) e aumenteranno di $30/NT all’anno per tre anni: esse riguarderanno gli armatori e gli operatori marittimi di nazionalità cinese. Per quanto riguarda le navi costruite in Cina, le tariffe inizieranno con $18/NT o $120 per container per i primi sei mesi, con incrementi annuali pari a 5 dollari per tonnellata netta o comunque proporzionali a quelli applicati nel primo periodo.

La seconda fase prenderà le mosse dopo tre anni, con l’introduzione di restrizioni sul trasporto di GNL tramite navi straniere, con l’obiettivo di incentivare la costruzione di navi GNL negli Stati Uniti. Anche in questo caso le restrizioni aumenteranno gradualmente in un arco di 22 anni.

Uniche esenzioni saranno applicate alle spedizioni verso i Grandi Laghi, i Caraibi, tra territori statunitensi o alle navi vuote in attracco e destinate all’esportazione di rinfuse secche. Inoltre, le aziende che dimostrano di aver ordinato navi costruite negli Stati Uniti potranno beneficiare di una sospensione delle tariffe per un massimo di tre anni.

Le reazioni dell’industria

Le misure hanno suscitato reazioni forti e contrastanti. La versione originale del piano prevedeva tariffe molto più severe, fino alla cifra mostruosa di $1,5 milioni per nave ad attracco, ma ha incontrato una forte opposizione da parte dell’industria statunitense ed armatoriale.

Gli operatori temevano un aumento incontrollato dei costi per i consumatori e un impatto negativo su esportatori e agricoltori americani. Le nuove tariffe, meno rigide, saranno applicate per viaggio negli Stati Uniti, con un massimo di cinque volte all’anno per nave, riducendo così la pressione sulle aziende.

Tuttavia questo sistema di ulteriori dazi, che inevitabilmente sia sommano a quelli sulle importazioni, avranno un effetto alterante sullo scenario dello shipping internazionale

Nell’idea dell’amministrazione della Casa Bianca esso dovrebbe ridurre lo strapotere della Cina nel settore dell’industria navale e dovrebbe favorire la crescita dell’industria marittima americana, ma potrebbe anche portare a tensioni commerciali inaudite con la Cina e stravolgere i costi globali di trasporto. Inoltre, l’incentivo alla costruzione di navi negli Stati Uniti, che potrebbe in teoria stimolare l’economia nazionale, creando posti di lavoro e rafforzando la resilienza della supply chain americana, potrebbe richiedere anni per dare i suoi frutti, mentre nell’immediato molte altre filiere statunitensi potrebbero andare in bocca ad una gravissima recessione qualora non reggessero alle difficoltà di approvvigionamento di prodotti e materie dall’estero dai quali sono e rimarrebbero comunque dipendenti nel medio periodo.

Ti potrebbero interessare