L’accordo tra Stati Uniti e Ucraina per lo sfruttamento delle cosiddette ‘terre rare’ sembra del tutto saltato dopo lo scontro dialettico avvenuto nello studio ovale della Casa Bianca tra i rappresentanti dei due paesi in questione.
Eppure, se per gli Ucraini è la condizione posta per continuare ad avere un appoggio americano, per gli Stati Uniti stessi e per gran parte dell’industria occidentale – europea compresa – costituisce la potenziale architrave per un futuro svincolato dall’Asia (almeno nel settore hi-tech).
Il perché di tanto interesse da parte di Washington per le terre rare delle quali abbonda il sottosuolo ucraino – e scarseggia sia quello americano che europeo – lo si comprende se si analizza quanto un accordo per la loro condivisione rappresenterebbe un punto di svolta significativo per le catene di approvvigionamento degli USA e per quelle globali.
Dunque, non è da escludersi che l’interesse americano torni a farsi vivo, sebbene siano da considerare molti punti non del tutto chiariti, come le criticità legate alla sicurezza di un Paese in guerra, quelle logistiche e le implicazioni per le economie occidentali.
Un’opportunità per la diversificazione
Il primo punto si chiama ‘diversificazione’, che è una delle regole essenziali per non dipendere da qualcuno.
Attualmente, a controllare una quota significativa della lavorazione delle terre rare è la Cina, che processa dal 35% al 90% dei minerali chiave, ossia quelli fondamentali per le industrie del futuro e del presente, utili a costruire chip, semiconduttori e accumulatori di energia.
L’accordo con l’Ucraina fornirebbe agli Stati Uniti un accesso diretto a risorse cruciali come litio, titanio e altre terre rare, riducendo una dipendenza cronica da Pechino: un cambiamento che potrebbe rendere le catene di approvvigionamento più stabili e meno vulnerabili di fronte a dispute commerciali o interruzioni.
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I problemi infrastrutturali e territoriali
Chiamarli ‘problemi’ è un eufemismo, ma è indubbio che, tralasciando le primarie questioni di natura etica e umanitaria, le potenzialità dell’accordo ci sono, ma vanno a braccetto con altrettanti ostacoli, molto significativi, da affrontare.
Infatti, circa il 40% delle risorse minerarie dell’Ucraina si trova in aree occupate dalla Russia o molto vicine alla linea di contatto, il che pone una serie di dubbi diplomatici ed operativi su come potrebbero essere gestiti gli impianti in questione.
Inoltre, le infrastrutture ucraine, gravemente danneggiate dalla guerra, rendono difficile la lavorazione e la spedizione dei materiali (basti pensare all’immane opera di sminamento che attende il mar Nero prima di poter essere considerato ‘sicuro’ per dei transiti marittimi).
Implicazioni economiche e scenario globale
Se l’accordo venisse finalizzato, gli Stati Uniti ne ricaverebbero un indubbio vantaggio – anche perché, come si è capito, non si tratterebbe di un patto ‘alla pari’.
Di fatto, gli USA potrebbero parzialmente sganciarsi da Pechino e beneficiare di un approvvigionamento di terre rare ben più stabile e prevedibile, il che potrebbe portare a una riduzione dei costi di materiali chiave utilizzati in industrie come quella dei veicoli elettrici, dell’elettronica e, soprattutto, della tecnologia sulla quale si basa l’Intelligenza Artificiale.
Di per sé, l’aumento dell’offerta potrebbe far diventare i prezzi più competitivi, incentivando l’innovazione e la crescita economica, almeno sul mercato interno a stelle e strisce.
L’accordo, ovviamente, non solo rafforzerebbe la catena di approvvigionamento degli Stati Uniti, ma salderebbe i legami economici tra Washington e Kiev, con un partenariato solido che aiuterebbe l’economia ucraina, sebbene in una posizione di subalterna nello sfruttamento di una risorsa originariamente sua.
I veri vincitori sarebbero gli Stati Uniti, che ne ricaverebbero un vantaggio competitivo nel reperimento di minerali.
Tuttavia, l’impatto di questo accordo si estenderebbe oltre i confini americani, influenzando le catene di approvvigionamento globali: l’aprirsi di una fornitura alternativa per le terre rare potrebbe ridurre la pressione sul mercato globale, abbassando in generale i costi per le aziende che dipendono da questi materiali.
Tralasciando le implicazioni geopolitiche e umane di un simile accordo, esso potrebbe avere un impatto positivo sulle economie occidentali e sulla stabilità del mercato globale delle terre rare.