Le aziende europee, e in particolare quelle italiane, si trovano ad affrontare uno scenario senza precedenti – a meno di non tornare alla memoria storica del protezionismo antecedente la seconda Guerra mondiale: la nuova minaccia per la competitività dell’intera area Euro si chiama ‘dazi’ e porta con sé una volatilità dei mercati internazionali inaudita.
Le preoccupazioni sono tangibili, ancor più che negli anni della pandemia o dello scoppio del conflitto russo-ucraino: a fornire una serie di primi dati è un’analisi condotta da Bain & Company, azienda di consulenza attiva in 40 Paesi, su un panel di quasi 200 Chief Operating Officer (COO) nel mondo, secondo la quale il 75% delle imprese teme un’impennata dei costi, mentre il 70% dichiara di non essere pronta a reagire a un possibile incremento delle tariffe doganali nel lasso di tempo compreso tra i prossimi 12-24 mesi.
A questa situazione si somma l’effetto dell’inflazione, che spinge il 75% delle aziende a rivedere le proprie strategie di approvvigionamento. La pressione sui costi potrebbe tradursi in rincari fino al 20% sui prezzi dei fornitori, con il 40% delle aziende che prevede un aumento superiore al 10% nei costi di produzione. Non è un un caso che molte imprese stiano rinegoziando i listini e rafforzando i rapporti con i fornitori chiave per cercare di contenere l’impatto finanziario.
Flessibilità e resilienza: la ricerca di ordine nell’instabilità
Secondo Bain & Company, la necessità di una maggiore flessibilità sta diventando una priorità assoluta: “Le aziende oggi non possono più permettersi supply chain rigide e vulnerabili”, spiega Andrea Isabella, Senior Partner e responsabile AMS (Advanced Manufacturing & Services) della società di consulenza. Il 75% dei COO intervistati considera la capacità di adattamento un fattore determinante per affrontare il nuovo contesto globale, mentre il 60% delle aziende punta sulla resilienza come leva strategica per garantire continuità operativa e successo nel lungo periodo.
La resilienza viene poi indicata come sinonimo di ridondanza strategica invece che sintomo di inefficienza da Mattia Bernardi, Partner di Bain & Company. Questo nuovo approccio sta portando il 60% delle imprese a valutare il reshoring, ovvero il ritorno della produzione vicino ai mercati di destinazione, per ridurre la dipendenza da fornitori lontani. Tuttavia, la scelta di rilocalizzare parte della produzione implica costi elevati e potrebbe incidere sulla competitività di prezzo in un mercato già altamente competitivo.
Rivedere la dipendenza dalla Cina
La revisione delle strategie di approvvigionamento sta portando molte aziende a ridurre la loro esposizione al mercato cinese. Nel 2024, il 61% delle imprese ha dichiarato di voler diminuire le operazioni in Cina, rispetto al 55% del 2022. Negli Stati Uniti, il 43% delle aziende sta pianificando trasferimenti produttivi, con il 53% che considera il nearshoring verso Paesi come gli USA stessi e l’America Latina. In Europa e Medio Oriente, il 50% delle aziende sta rivedendo la geografia delle proprie forniture, con destinazioni alternative nel Sud-est asiatico e nell’Unione Europea.
Anche in Italia il tema del reshoring è al centro del dibattito: le aziende manifatturiere, storicamente legate all’export, si trovano a un bivio tra il ritorno della produzione in territorio nazionale e la necessità di mantenere prezzi competitivi.
“Il reshoring è un’opzione sempre più discussa anche in Italia”, afferma Isabella nel report di Bain & Company, aggiungendo che la sua attuazione richiede politiche industriali coerenti e incentivi fiscali per garantire la sostenibilità economica del processo.
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Il supporto dell’AI alla supply chain
Di fronte a queste sfide, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale stanno emergendo come strumenti cruciali per le aziende che vogliono migliorare la gestione della supply chain e affrontare l’incertezza globale.
Bain & Company sottolinea come automazione e analytics stiano diventando alleati fondamentali nella previsione della domanda e nell’ottimizzazione dei processi logistici.
“Grazie all’AI, le imprese possono monitorare in tempo reale le condizioni della supply chain e prevenire le interruzioni prima che diventino critiche”, conclude Isabella. La capacità di adottare strategie proattive e tecnologicamente avanzate potrebbe rivelarsi decisiva per resistere in un panorama economico in continua evoluzione.