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I possibili nuovi dazi USA preoccupano la logistica europea ed italiana

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Con il cambio della guardia alla Casa Bianca, gli indirizzi commerciali statunitensi si apprestano a subire pesanti cambiamenti, se solo una parte delle promesse elettorali fatte dal nuovo Presidente saranno mantenute.

Non pare un eufemismo sostenere che l’intera logistica mondiale stia con il fiato sospeso in attesa di comprendere la portata del cambiamento e quanta parte dell’economia globale vi sarà coinvolta. Un campanello d’allarme è già suonato con i decreti esecutivi che stabiliscono un termine temporale per l’entrata in vigore di due tassazioni inattese, ossia quelle sugli import dal Canada e dal Messico, del 25% ciascuna e operative dal primo febbraio.

Al di là del prevedibile acuirsi della dialettica commerciale con il rivale di sempre – la Cina – per limitarne l’aggressività e l’influenza su quelle aree geografiche considerate strategiche per disponibilità di infrastrutture e ricchezza di materie prime (vedi Panama), e delle azioni, appunto, già avviate su alcuni paesi limitrofi come Canada e Messico, con l’intenzione di rimodulare i trattati che regolano gli scambi di merci a proprio favore, la vera scommessa è valutare le eventuali ricadute sull’Europa e, per quanto ci riguarda, sull’Italia.

Vale la pena ricordare, infatti, che gli Stati Uniti rappresentano per il nostro export il secondo mercato di sbocco dopo la Germania e un eventuale aumento dei dazi potrebbe avere ricadute non trascurabili sull’intera economia.

I timori dell’economia europea e italiana

Le dichiarazioni fin qui giunte da oltre oceano in materia di dazi evocano una imposizione del 10% su tutti i beni importati negli Usa a cui l’Europa non dovrebbe fare eccezione, sebbene nei confronti della UE non si sia registrata analoga determinazione in quanto a tempistiche di quella mostrata nei confronti di Messico e Canada.

È però vero che Washington sta esercitando pressioni perché le industrie europee producano investendo negli States, minacciando altrimenti ritorsioni commerciali, il che ha sollevato preoccupazioni significative in un Vecchio Continente che sta già attraversando una crisi in diversi settori produttivi storicamente trainanti, come l’automotive.

Una recente analisi del direttore Generale Spediporto, Giampaolo Botta, citando lo studio di Aurelien Saussay per il Grantham Research Institute, valuta che, nel caso di applicazione di un dazio del 10% su tutti i beni importati, il PIL dell’Unione Europea calerebbe dello 0,11%, con una punta dello 0,23 imputabile alla Germania – soprattutto per il peso che l’industria automobilistica ha nel mix industriale di Berlino.

Gli effetti dei dazi sul PIL italiano

L’Italia, pur accusando globalmente una flessione non significativa del proprio Prodotto Interno Lordo, vedrebbe messa a rischio la sua competitività in settori industriali importanti quali quello dei macchinari e delle apparecchiature, che rappresentano un valore di oltre 12 miliardi di euro, e quello dei prodotti chimici, che vale circa 3 miliardi di euro in termini di export.

Se poi i dazi salissero al 20%, l’analisi di Spediporto, che riporta la quantificazione fatta dal National Board svedese, prevede un calo di circa il 16,8% dell’export italiano verso gli Usa.

Analogamente, anche il settore marittimo subirebbe un impatto valutato in una flessione delle esportazioni verso gli USA del 10%, fattore questo destinato ad alimentare le preoccupazioni degli operatori commerciali e logistici.

Una preoccupazione condivisa in particolare in Liguria, dato che il porto di Genova è uno dei principali scali per le merci dirette oltreoceano e che, attorno ad esso, ruotano in primis l’economia regionale, poi parte di quella nazionale. Il Made in Italy, infatti, ha negli USA uno dei suoi storici sbocchi.

I dazi preoccupano la Liguria

In questo quadro generale, quindi, la Liguria è una delle regioni più interessate d’Europa dal problema degli eventuali dazi statunitensi, per via delle sue storiche relazioni fatte di scambi con gli Stati Uniti, consolidate grazie alla rete di porti del Mar Ligure Occidentale. 

Genova e la Liguria – con La Spezia e Vado Ligure – sono difatti i porti principali per le merci destinate agli Stati Uniti, e, qualora i dazi dovessero accanirsi su merci che caratterizzano l’export italiano, essi potrebbero davvero causare una reazione a catena con un crollo degli ordini, un calo della produzione e, conseguentemente, una minore richiesta di trasporto

Si tratta di uno scenario che preoccupa non solo l’industria produttiva di Europa e Italia, ma anche chi si occupa di trasferire beni, ossia la logistica.

L’Ufficio Studi Confindustria Genova, come riportato di recente dal quotidiano nazionale La Repubblica, ha paventato proprio i rischi che corrono le aziende italiane nell’essere legate a un unico mercato di sbocco, affermando la necessità, invece, di lavorare per diversificare i mercati

Il “Made in Italy” ha, come asso nella manica, una qualità spesso impareggiabile e una serie di comparti, cosiddetti ‘di alta gamma’, che possono ritenersi poco impensieriti dall’incremento di spesa dovuto ai dazi. 

Questo potrebbe, almeno in parte, proteggere l’Italia dagli effetti negativi delle tariffe, facendo reggere la domanda malgrado gli aumenti di prezzo in virtù della qualità del prodotto.

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