A gennaio, Shanghai ha raggiunto un nuovo record nel traffico di container, gestendo oltre 5 milioni di TEU. Un volume di contenitori così grande testimonia come, nonostante le tensioni commerciali con gli Stati Uniti e i fermi operativi nella logistica legati al Capodanno lunare, l’economia cinese trovi sempre modo di mostrarsi florida.
È vero che tali risultati sono anche frutto di una concentrazione di sforzi da parte dell’industria marittima cinese, che fa affluire sullo scalo enormi quantità di traffici sfruttando la doppia infrastruttura portuale, fluviale e marittima, di Shanghai: già nel 2013 il World Shipping Council vi registrava il passaggio di 33,62 milioni di TEU e nel 2024, secondo il gruppo Shanghai International Port, il volume annuale di container gestiti è arrivato a 51,51 milioni di TEU, facendo di Shanghai il primo porto al mondo a superare i 50 milioni di TEU in un anno.
Il risultato è indicativo della forte domanda di prodotti cinesi sui mercati internazionali, che rimane invariata nonostante le turbolenze tariffarie. C’è da notare che una buona fetta di questa domanda arriva proprio dagli Stati Uniti, dove a Gennaio le importazioni di prodotti dalla Cina sono aumentate, oltre che per la corsa a ‘fare inventario’ in vista del capodanno lunare, anche per un effetto preventivo in vista del nuovo corso commerciale annunciato dall’amministrazione neoeletta di Washington.
Tensioni commerciali e impatto sui volumi container
L’instabilità generata nei mesi scorsi dalla possibilità che nuovi dazi potessero interessare i beni importati sulle coste statunitensi dalla Cina ha avuto un impatto molto significativo sui volumi container. L’idea che il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo presidente degli Stati Uniti potesse rappresentare un punto di svolta nelle relazioni commerciali internazionali ha spinto le importazioni di container verso Stati Uniti ad aumentare, raggiungendo il record, eccezionale anche per essere tale, di 2.487.470 TEU nel mese di gennaio.
Il dato monstre, riportato da Canadian logistics e dagli specialisti del supply chain management di Descartes, polverizza il precedente primato di invio anno fatto registrare nel gennaio 2022 (epoca di piena ripresa dopo la pandemia), che si fermava a modesti 21.455 TEU.
Che proprio la Cina sia legata a doppio filo con questi dati lo si capisce se si osserva che, dei poco meno di due milioni e mezzo di TEU giunti nei porti USA, quasi un milione è arrivato dai suoi porti (997.909 TEU); ben il 10,6% in più rispetto al mese prima, dicembre 2024, e un pelo sotto il record di sempre segnato a luglio 2024 per le importazioni da Pechino, allora di poco superiori al milione di TEU.
Difficile disgiungere questo balzo in avanti dall’aura che la nuova amministrazione insediatasi a Washington porta con sé e che avrebbe spinto le aziende a ‘spremere il limone’ al massimo, finché possibile. D’altronde, i timori degli importatori si sono in effetti concretizzati il 4 febbraio 2025, quando gli Stati Uniti hanno imposto una nuova tariffa del 10% sui beni di importazione cinese, mentre quelle, più punitive, del 25% sulle importazioni da Messico e Canada sono state sospese fino a marzo per consentire ulteriori negoziati. Da par suo, Pechino ha intenzione di rispondere con tassazioni del 15% su GNL e carbone americani, più altre, del 10%, sul petrolio, sui macchinari agricoli e sulle auto di grande cilindrata.
Importazioni containerizzate verso gli USA nel 2024
Il 2024 ha visto aumentare in modo significativo le importazioni americane di container da alcune regioni del mondo più che da altre: in testa alla classifica degli esportatori c’è la Cina, che è salita del +16%, raggiungendo gli 11,8 milioni di TEU.
Sono cresciute anche le importazioni dalla Corea del Sud (15%), dal Giappone (8%) e da Taiwan (5%), secondo una dinamica che è in parte un’eredità lasciata proprio dai dazi imposti durante il primo mandato del presidente Donald Trump.
Essi, infatti, provocarono, nel tentativo di essere aggirati, lo spostamento di parte delle produzioni dalla Cina ad altri Paesi asiatici limitrofi (Giappone, Taiwan e Corea del Sud per quanto riguarda prodotti hi-tech e acciaio) e al blocco ASEAN, ossia le nazioni del Sud-Est asiatico (in particolare per le lavorazioni tessili o di altri semilavorati industriali: nell’ASEAN, tra gli altri, si trovano Cambogia, Vietnam, Filippine, Malesia e Indonesia).
Nel 2024 le spedizioni dai Paesi di quest’area sono aumentate del 24%, raggiungendo 5,38 milioni di TEU, mentre la somma di quanto arrivato in America da 18 Paesi asiatici nell’arco ddll’intero anno arriva a 21,45 milioni di teu.
Da notare anche che sono i prodotti in gomma e la componentistica auto, assieme alle vetture complete, ad aver trainato la domanda USA nei confronti delle produzioni asiatiche, non semplicemente l’e-commerce di basso valore.
Container, festività e dinamiche commerciali
Anche il Capodanno cinese ha senza dubbio contribuito ad amplificare l’aumento delle esportazioni, con le fabbriche asiatiche che hanno incrementato la produzione nelle settimane precedenti per soddisfare la domanda internazionale prima di fermarsi.
Più in generale, Clarksons, società di analisi dei traffici internazionali, ha osservato che il commercio transpacifico è stato particolarmente forte nel corso dell’intero 2024, con i rivenditori statunitensi che hanno iniziato a ‘pompare’ la domanda di merci nei confronti dell’Asia ben prima dell’inizio della stagione di punta di luglio.
Questa corsa anticipata a rimpinguare gli inventari ha sostenuto il commercio transpacifico, con spedizionieri che si sono affrettati a proteggere le catene di fornitura facendo fondo per limitare i potenziali disagi nei quali sarebbero potuti occorrere in caso di degenerazione delle tensioni geopolitiche e commerciali.
Sebbene gli indicatori logistici mostrino un buon inizio del 2025, i nuovi dazi statunitensi nei confronti della Cina, le politiche commerciali protezionistiche e una geopolitica in continua rivoluzione su sé stessa stanno aumentando la pressione sulle aziende con catene di approvvigionamento globali.
Un altro istituto di analisi, Descartes, rileva che l’aumento delle frizioni commerciali potrebbe far schizzare i prezzi nell’immediato e provocare una volatilità prolungata del mercato.
Al momento, gli unici che godono di un segnale positivo sono gli USA, che hanno constatato tra fine 2024 e principio del 2025 che i propri porti reggono l’urto: i tempi di transito per le navi container non sono lievitati malgrado il settimo mese consecutivo caratterizzato da volumi di container davvero elevati. Per adesso, l’efficienza logistica americana regge.