Con l’ultima riforma doganale sono stati rivisti i regimi. Per gli operatori, le modifiche sono un’opportunità di semplificazione, ma comportano una revisione delle procedure.
La riforma doganale introdotta dal D.lgs. 141/2024 ha visto la revisione di molte disposizioni relative ai regimi doganali, con l’obiettivo di creare un sistema più snello. Alcuni regimi speciali sono stati mantenuti con adeguamenti, mentre altri hanno subito una ridefinizione radicale o sono stati eliminati. Per gli operatori, queste modifiche comportano nuove opportunità di semplificazione, ma anche la necessità di rivedere le proprie procedure per evitare criticità operative e sanzioni.
La temporanea esportazione
Il regime di temporanea esportazione consente di esportare temporaneamente merci unionali fuori dall’Ue, con l’obbligo di reimportarle senza modifiche sostanziali. Questo regime, ampiamente utilizzato da aziende che operano all’estero con macchinari, attrezzature professionali o beni destinati a fiere e test, evita l’immediata applicazione di dazi e IVA, riducendo gli oneri burocratici.
Nel TULD (il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale), la disciplina della temporanea esportazione era più ampia, consentendo l’uso di questo regime anche per l’esecuzione di lavori all’estero, purché le merci fossero reimportate tal quali. Inoltre, il sistema offriva maggiore flessibilità, con termini prorogabili e margini discrezionali per l’amministrazione doganale.
Con il D.lgs. 141/2024, il regime è stato profondamente modificato:
- L’esportazione temporanea è ora limitata a casi specifici, come partecipazioni a fiere o test di mercato
- Il limite massimo di permanenza è fissato a 36 mesi, prorogabile solo in casi motivati
- Sono stati introdotti maggiori obblighi documentali e di tracciabilità, con controlli più rigidi sulla riesportazione delle merci
- Non è più prevista l’esecuzione di lavori all’estero. Tuttavia, con la circolare 20/2024, l’Agenzia delle Dogane ha parzialmente attenuato questa restrizione, chiarendo che l’esecuzione di lavori all’estero può rientrare tra le “esigenze similari” della temporanea esportazione.
Queste modifiche hanno un impatto rilevante sugli operatori economici. Le imprese che esportavano temporaneamente macchinari per lavorazioni in Paesi terzi devono ora trovare soluzioni alternative. Una possibilità è il Carnet ATA, che consente l’esportazione temporanea senza dazi, ma solo per le categorie di beni previste dalla Convenzione ATA. In altri casi, sarà necessario ricorrere all’ammissione temporanea nel Paese di destinazione, con procedure più complesse e potenziali oneri aggiuntivi.
Ammissione temporanea
Il regime di ammissione temporanea consente l’importazione di merci non unionali nel territorio doganale dell’Ue con esenzione totale o parziale dai dazi all’importazione, a condizione che siano riesportate senza aver subito modifiche sostanziali. Questo regime è particolarmente rilevante per l’introduzione temporanea di macchinari, attrezzature professionali, mezzi di trasporto e strumenti scientifici destinati a eventi, fiere o test di mercato.
Nel TULD, l’ammissione temporanea era disciplinata da disposizioni nazionali che, pur allineate alla normativa unionale, presentavano margini di discrezionalità nella concessione delle autorizzazioni e nella gestione operativa. Con l’introduzione del D.lgs. 141/2024, la disciplina nazionale non regola più questo regime, demandandola al Codice Doganale dell’Unione (CDU), con l’unica eccezione della regolamentazione per le dotazioni di bordo.
L’art. 74 delle Disposizioni Nazionali Complementari al Codice Doganale dell’Unione (DNC) stabilisce che le merci destinate all’approvvigionamento di navi ed aeromobili possono essere importate in regime di ammissione temporanea, a condizione che siano impiegate esclusivamente per il servizio dell’unità o dell’equipaggio e riesportate senza subire modifiche.
Per gli operatori economici, questi aggiornamenti implicano una gestione più strutturata delle operazioni doganali, con la necessità di adeguare i propri processi per garantire conformità ai nuovi requisiti.
Depositi doganali e depositi IVA
I depositi doganali sono strutture autorizzate in cui le merci non unionali possono essere stoccate in sospensione di dazi e IVA, fino a quando non vengono destinate a un altro regime doganale o riesportate. In parallelo, i depositi IVA consentono l’introduzione di beni in sospensione d’imposta, facilitando le operazioni di scambio e la gestione dell’IVA all’interno del territorio unionale.
Nel TULD la disciplina dei depositi doganali si basava su regolamenti nazionali che, pur essendo compatibili con la normativa unionale, lasciavano spazio a discrezionalità amministrativa nella gestione operativa e nei controlli. Con l’entrata in vigore del D.lgs. 141/2024, la normativa italiana è stata allineata al CDU, mantenendo tuttavia alcune disposizioni nazionali specifiche che regolano gli aspetti operativi dei depositi doganali.
Le DNC hanno infatti introdotto una regolamentazione più dettagliata su aspetti chiave della gestione dei depositi. L’art. 68 DNC stabilisce che le merci poste in temporanea custodia devono essere immagazzinate in luoghi approvati dalle autorità doganali, con l’obbligo per il depositario di farsi carico della custodia e della corretta conservazione delle merci fino alla loro successiva destinazione. Questo aspetto è particolarmente rilevante per gli operatori logistici, che devono garantire l’integrità e la tracciabilità delle merci all’interno dei magazzini doganali.
A vigilare sulla gestione dei depositi è l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, alla quale l’art. 69 DNC affida un ruolo di controllo più incisivo rispetto al passato. La norma prevede che i magazzini e i depositi doganali siano sottoposti a verifiche ordinarie con cadenza biennale, con possibilità di controlli straordinari nel caso in cui emergano anomalie nei flussi delle merci o criticità nella gestione del deposito. Questo rafforzamento del monitoraggio risponde all’esigenza di maggiore trasparenza e sicurezza nel sistema di stoccaggio delle merci soggette a vigilanza doganale.
L’art. 70 DNC, infine, disciplina le condizioni di autorizzazione e gestione dei depositi doganali, specificando i requisiti infrastrutturali e organizzativi richiesti ai gestori per ottenere e mantenere l’autorizzazione. Tra gli aspetti più rilevanti vi è la necessità di garantire un’adeguata infrastruttura logistica e informatica, in linea con gli standard unionale, al fine di assicurare una gestione conforme alle nuove disposizioni digitalizzate del sistema doganale europeo.
Questi aggiornamenti normativi comportano un impatto diretto sugli operatori economici, che devono ora adeguare le proprie strutture e procedure alla nuova regolamentazione. L’armonizzazione con il CDU garantisce maggiore uniformità nella gestione dei depositi a livello europeo, ma al contempo richiede una maggiore attenzione nella gestione delle merci stoccate, per evitare irregolarità che potrebbero comportare sanzioni amministrative e revoche delle autorizzazioni.
Entrata, uscita e temporanea custodia delle merci
All’arrivo in un porto, aeroporto o punto di confine, le merci devono essere sottoposte a vigilanza doganale, rimanendo in custodia temporanea fino alla loro assegnazione a un regime doganale o alla riesportazione.
Nel TULD la temporanea custodia prevedeva il deposito delle merci in magazzini doganali o recinti di custodia, sotto vigilanza finanziaria, senza possibilità di manipolazione se non per la conservazione. La permanenza era limitata a 15 giorni per le merci arrivate via terra o aria e 45 giorni per quelle via mare. Trascorsi questi termini senza una destinazione doganale, le merci erano considerate abbandonate. Il gestore del magazzino era responsabile della loro integrità e, in caso di mancanze, doveva versare i diritti doganali corrispondenti.
Con l’entrata in vigore del D.lgs. 141/2024, la disciplina nazionale è stata armonizzata con il CDU, introducendo al contempo specifiche integrazioni con le DNC. Gli articoli 56 e 57 DNC definiscono gli obblighi per gli operatori e i depositari. Le merci in arrivo devono essere depositate esclusivamente in luoghi autorizzati dall’Agenzia delle Dogane, e il depositario è responsabile della loro integrità fino al momento della dichiarazione doganale o della riesportazione. Il sistema impone inoltre tempi più rigidi per la permanenza in custodia temporanea, riducendo il rischio di utilizzo improprio del regime.
La procedura di entrata delle merci, dettagliata negli articoli dal 58 al 66 DNC, è stata semplificata e digitalizzata per garantire una maggiore efficienza. Viene introdotto l’obbligo di notifica preventiva dell’arrivo delle merci, secondo i termini previsti dall’art. 127 CDU per la dichiarazione sommaria d’entrata, consentendo alle autorità doganali di preparare i controlli in anticipo e accelerare il processo di sdoganamento.
In parallelo, gli articoli 68 e 69 DNC regolano la gestione e la vigilanza sui magazzini di custodia temporanea, introducendo standard più elevati per la conservazione delle merci. L’articolo 68 prevede che, ove possibile, le merci siano racchiuse in colli sigillati, con la possibilità per il titolare di effettuare ispezioni o prelevare campioni previa autorizzazione. L’articolo 69 rafforza il controllo dell’Agenzia delle Dogane, stabilendo verifiche ordinarie biennali sui magazzini e controlli straordinari senza preavviso, ove ritenuto necessario per garantire la correttezza delle operazioni.
Il regime speciale del transito
Il regime di transito consente il trasporto di merci all’interno del territorio doganale dell’Unione europea o attraverso paesi terzi senza l’applicazione immediata di dazi all’importazione. Esistono due principali tipologie: il transito esterno (T1) per merci non unionali e il transito interno (T2) per merci unionali che attraversano Paesi terzi mantenendo il loro status doganale.
In passato, il TULD disciplinava il transito a livello nazionale, prevedendo un’unica dichiarazione combinata per l’esportazione e il transito, riducendo gli oneri amministrativi per gli operatori. Tuttavia, il sistema di controlli non era perfettamente armonizzato con quello unionale, creando discrepanze tra le prassi italiane e quelle degli altri Stati membri.
Con l’entrata in vigore delle DNC, la normativa italiana non disciplina più il transito, che ora è interamente regolato dal CDU. Il CDU stabilisce che il transito sia gestito tramite procedure elettroniche uniformi, garantendo maggiore tracciabilità e sicurezza delle operazioni.
Un cambiamento sostanziale
La riforma doganale introdotta dal D.lgs. 141/2024 rappresenta un cambiamento significativo per il settore logistico, con impatti concreti sulla gestione delle operazioni doganali. Le modifiche normative, pur mirando a una maggiore armonizzazione con il CDU, pongono sia sfide che opportunità per gli operatori economici.
Da un lato, la riforma doganale introduce un sistema più strutturato e rigoroso, con procedure uniformate a livello unionale e una maggiore digitalizzazione delle operazioni. L’obbligo di tracciabilità più stringente, l’integrazione dei sistemi informatici doganali e il rafforzamento dei controlli contribuiscono a rendere il sistema più trasparente e sicuro. Per le aziende che dispongono di strumenti adeguati per la gestione digitale delle operazioni doganali, queste novità possono tradursi in un maggiore controllo sui flussi logistici e in una riduzione del rischio di errori o irregolarità.
Dall’altro, però, la riforma doganale impone nuovi vincoli operativi, che potrebbero comportare maggiori costi e tempi di adeguamento, soprattutto per le realtà meno strutturate. L’eliminazione di alcune flessibilità precedentemente previste dal TULD, come le agevolazioni nei regimi speciali, richiede alle imprese di rivedere le proprie strategie operative e di investire in formazione e aggiornamenti tecnologici. Inoltre, sebbene la digitalizzazione possa semplificare le procedure nel lungo periodo, nella fase di transizione potrebbero emergere criticità legate all’implementazione dei nuovi sistemi e all’adattamento alle tempistiche più rigide.
Nel complesso, il successo dell’applicazione della riforma doganale dipenderà da come gli operatori economici riusciranno a gestire questo cambiamento e da eventuali interventi correttivi che potranno essere adottati in risposta alle difficoltà operative riscontrate nel primo periodo di applicazione. Per le aziende del settore logistico, si tratta quindi di un’evoluzione che, se da un lato impone maggiore attenzione e investimenti, dall’altro può rappresentare un’occasione per ottimizzare i processi e migliorare la competitività nel mercato internazionale.
L’evoluzione del quadro unionale
Parallelamente, le più recenti innovazioni in materia di ammissione temporanea derivano dall’evoluzione del quadro unionale, con regolamenti e direttive europee che hanno introdotto importanti novità, tra cui:
- Digitalizzazione delle procedure: le dichiarazioni doganali per l’ammissione temporanea devono essere trasmesse elettronicamente, con una maggiore integrazione nei sistemi informatici unionali
- Armonizzazione delle autorizzazioni: il CDU impone criteri uniformi per la concessione del regime in tutti gli stati membri, riducendo le discrepanze interpretative
- Tempi di permanenza più rigidi: la durata del regime è ora stabilita in base alla finalità dichiarata, con minori possibilità di proroga rispetto al passato
Verso una maggiore digitalizzazione ed arminizzazione
Di recente, ulteriori novità nel regime di transito sono state introdotte da regolamenti europei e da circolari dell’Agenzia delle Dogane. Le principali modifiche includono:
- L’abolizione della dichiarazione combinata di esportazione e transito: dal 2 dicembre 2024, gli operatori dovranno presentare due dichiarazioni separate, aumentando la trasparenza dei flussi commerciali
- Il rinforzo degli obblighi di tracciabilità: la digitalizzazione impone maggiori controlli sulla chiusura del transito e sulla movimentazione delle merci
- Sanzioni più severe per il mancato appuramento nei termini: ritardi o irregolarità possono comportare multe più elevate e il pagamento dei diritti doganali sulle merci non correttamente appurate
- L’adozione del modello digitale EUCDM (European Union Customs Data Model): un sistema unificato che migliora l’integrazione dei dati tra le dogane europee, rendendo più efficiente la gestione del transito
Queste modifiche rappresentano un ulteriore passo verso la digitalizzazione e armonizzazione delle procedure doganali. Per gli operatori logistici e gli spedizionieri, l’adeguamento comporterà cambiamenti operativi significativi, tra cui l’aggiornamento dei sistemi di gestione doganale e il rafforzamento del monitoraggio delle spedizioni per evitare il rischio di sanzioni.
Avv. Costanza Lugli