Le tecnologie ci sono, a mancare, secondo i principali armatori, sono le regole: chiare e condivise, possibilmente.
Il settimo Adriatic Sea Forum, appuntamento internazionale che riunisce operatori portuali , turistici, policy-maker e compagnie di navigazione, con un’ottica incentrata sui mercati croceristi e dei traghetti, è stato l’occasione per ribadire una necessità che anche il mondo dello Shipping e del trasporto di merci containerizzate, di rinfuse secche e delle omologhe liquide, va ripetendo negli ultimi anni.
Con l’avanzare evidente della crisi climatica, le richieste da parte degli enti regolatori per una evoluzione del comparto navale si sono fatte più pressanti, sino alla produzione delle linee guida IMO (International Marittime Organization, la massima autorità in fatto di navigazione) per la decarbonizzazione del settore entro il 2050.
Tuttavia, mentre l’IMO ‘detta legge’ a livello sovranazionale, esistono sovrapposizioni con regolamenti nazionali, comunitari e quant’altro concorra nel sancire quando e quanto una nave inquini: basti pensare al regolamento EU ETS ed al suo sistema sanzionatorio.
Senza norme univoche, non è possibile ottenere risultati e l’industria non si espone investendo su tecnologie definite, che pure ci sarebbero.
Tecnologie di transizione
Il fatto da tenere in massima considerazione è il ciclo di vita di una nave, passeggeri o merci che sia: parliamo di investimenti che orbitano anche introno al miliardo di euro, dunque con una prospettiva di utilizzo attesa come minimo trentennale.
È dunque naturale che l’industria marittima e gli armatori non si buttino a cuor leggero dietro ad una soluzione tecnologica piuttosto che ad un’altra, sebbene di scelte se ne potrebbero fare, come ormai sottolineano gli stessi vertici industriali.
Armatori come MSC, che può parlare con cognizione di causa sia sul versante croceristico, sia su quello dello shipping, ma anche operatori energetici come Edison, presente all’Adriatic Sea Forum, indicano ad esempio il Gas Naturale Liquido o GNL come soluzione matura e dalle buone prospettive di impiego, in quanto i motori esistenti possono essere convertiti e quelli di nuova generazione possono reggere una transizione futura verso altri combustibili, bioGNL in primis.
Inoltre, proprio quest’ultimo può condividere l’infrastruttura di distribuzione esistente ed oggi dedicata al metano, una caratteristica che rende il bioGNL molto praticabile.
L’incertezza normativa
Tuttavia, a tagliare le gambe a tanti progetti, è la confusione normativa. Se per tecnologie che sarebbero più determinanti per conseguire un secco taglio delle emissioni inquinanti, come idrogeno ed alimentazioni elettriche, sussistono un mix di dubbi sulla maturità tecnologica, sull’universalità del loro impiego e, soprattutto in Italia, un passo davvero lento nel mettere in pratica gli adeguamenti strutturali – lo stesso PNRR fatica a tradursi in attuazioni tangibili sull’idrogeno e l’elettrificazione delle banchine inizia timidamente a farsi vedere nel Mediterraneo del Sud – per GNL, bioGNL e ammoniaca il problema sta soprattutto negli intenti.
Non sono, ad esempio, appaiati i parametri ambientali di valutazione delle navi, per cui ciò che è considerabile ‘sostenibile’ per un ente non lo è per un altro. Un bel problema, perché non chiarisce agli investitori se valga la pena puntare su una tecnologia oppure no; inoltre, a questa incertezza se ne sommano altre, derivate dalle roadmap per la decarbonizzazione prodotte sia dall’IMO che dall’Unione europea, entrambe troppo ambiziose secondo l’industria navale.
Il risultato è che, nel dubbio, le scelte vengo prese dalle singole compagnie armatrici in base alla loro effettiva convenienza, portando ad un impasse che, con molta probabilità, condurrà a dilazioni temporali da parte degli enti normatori.
Tuttavia, gli armatori investirebbero volentieri in una direzione, se essa venisse stabilita in modo univoco una volta per tutte.