L’intelligenza artificiale (AI) sta rivoluzionando il modo in cui le aziende operano, conquistando velocemente un ruolo centrale in molti campi. In particolare, gli specialisti del procurement si stanno affidando all’AI per gestire i rischi e aumentare l’efficienza.
Secondo un rapporto Procurious diffuso dalla società di procurement Ivalua, il 61% dei leader del procurement prevede un’escalation dei conflitti globali che potrebbero mettere sotto pressione le catene di fornitura.
Inoltre, il 55% ritiene che le tariffe USA richiederanno un ripensamento delle strategie sui fornitori.
L’adozione dell’AI starebbe aiutando i team di procurement proprio ad interpretare questo scenario complesso, con il 63% convinto che l’AI generativa (GenAI) migliori sia l’efficienza che la produttività.
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Come l’AI aiuta il procurement
Oltre a migliorare la gestione dei rischi, l’AI sta trasformando il procurement in un ruolo più strategico. Circa il 77% dei leader di questo settore prevede di dedicare più tempo a decisioni aziendali chiave e, quindi, alla creazione di valore.
Tra gli altri aspetti cruciali ci sono la sostenibilità, con il 54% dei team che prevede di concentrarsi maggiormente sulla ricerca etica, e l’automazione dei compiti ripetitivi, a sua volta con il 52% dei team di procurement che vede una crescita dell’automazione grazie all’AI. Questi dati sottolineano come l’AI stia diventando un alleato indispensabile per i professionisti del procurement.
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L’altra faccia dell’AI: ansie e timori
Nonostante i numerosi vantaggi, l’adozione dell’AI non è esente da problemi. Una ricerca condotta da Gartner rivela che il 72% delle organizzazioni della catena di fornitura sta implementando la GenAI, ossia l’intelligenza artificiale generativa, ma con risultati contrastanti.
Mentre l’AI ha aumentato la produttività dei lavoratori individuali, questi guadagni non si sono tradotti in una maggiore produttività a livello di team. Inoltre, proprio l’implementazione di strumenti GenAI sta facevndo crescere l’ansia tra i dipendenti, riducendo la loro produttività complessiva.
I dati di Gartner mostrano che i lavoratori da scrivania risparmiano 4,11 ore settimanali grazie all’AI, ma questi risparmi scendono a 1,5 ore per membro del team e non migliorano la qualità del lavoro. Questo paradosso sula produttività evidenzia la necessità di rivedere le strategie di implementazione dell’AI per mitigare gli effetti negativi.
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Le linee guida dell’AI Act dell’Unione Europea
Le aziende non sono le uniche ad avere dei dubbi sulla corretta implementazione dell’AI di tipo generativo: a tal proposito l’Unione Europea ha introdotto l’AI Act, una normativa che regola lo sviluppo e l’uso dell’AI in base al livello di rischio.
Le prime disposizioni vincolanti, entrate in vigore il 2 febbraio scorso, vietano l’uso di sistemi di AI per il riconoscimento delle emozioni nei contesti lavorativi e scolastici.
L’IA può interpretare gli stati d’animo sfruttando gli input che le vengono dati: dalla scelta delle parole scritte nelle frasi, alla sintassi delle frasi, dalle espressioni facciali al tono di voce. Questi sistemi sono considerati “ad alto rischio” e il loro utilizzo sarà permesso nella UE solo per scopi medici o di sicurezza. L’AI Act specifica una vasta gamma di emozioni, come felicità, tristezza e rabbia, e chiarisce che le emozioni non includono gli stati fisici come dolore o affaticamento.
Inoltre, la normativa vieta l’uso di tecniche subliminali o manipolative per distorcere il comportamento delle persone. Si tratta di una questione molto importante anche in termini commerciali, in quanto le interpretazioni degli stati d’animo viene sfruttata nel settore del customer service e dei chatbot.