Cerca
Close this search box.

USA: la strategia dietro la ricostituzione di una propria industria navale

Condividi

L’amministrazione statunitense ha recentemente proposto una strategia a dir poco controversa per ridurre la dipendenza dalla Cina nel settore marittimo. Tra le misure più discusse vi è l’introduzione di tassazioni sulle navi di fabbricazione cinese che attraccano nei porti americani

Queste tasse, paragonate da molti ad una forma di dazio, mirerebbero a scoraggiare l’uso di navi cinesi nelle flotte delle compagnie di shipping (ciò che conta è la fabbricazione della nave, non la bandiera dell’armatore o la nazionalità della compagnia che la noleggia), ma rischiano di avere conseguenze oltremodo significative sul commercio globale. 

Secondo diversi esperti del settore marittimo, tali tariffe potrebbero causare un corto circuito nell’economia statunitense. Le compagnie di trasporto marittimo potrebbero infatti essere indotte a deviare le loro rotte verso porti in Canada o Messico, aumentando i costi di trasporto e riducendo l’attività economica nei porti americani. Inoltre, l’imposizione di tariffe su navi vuote destinate a caricare merci americane, come grano o carbone, potrebbe ostacolare le esportazioni statunitensi, aggravando ulteriormente l’impatto economico.

Rilancio della cantieristica navale americana

Intanto, il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo che rappresenta un tentativo per lo meno ambizioso di rilanciare l’industria navale commerciale americana

Tra le misure proposte vi sono incentivi finanziari per modernizzare cantieri navali e infrastrutture di riparazione, nonché la creazione di un Maritime Security Trust Fund per attrarre investimenti privati

L’obiettivo è quello di rendere gli Stati Uniti competitivi nel settore della costruzione di portacontainer, un’industria dominata dalla Cina, che produce quasi la metà delle navi commerciali mondiali.

Retorica a parte, la fattibilità di questa strategia è discutibile. La mancanza di competitività degli Stati Uniti nel settore dell’acciaio e i costi elevati della manodopera rappresentano ostacoli significativi. Come sottolineato da chi conosce bene il settore dell’industria marittima, il declino della cantieristica americana non è attribuibile esclusivamente alle pratiche commerciali cinesi, ma riflette una mancanza di vantaggi comparativi nel settore.

La corsa all’Artico: un preludio strategico

Tra i tanti tentativi di leggere oltre la linea dell’orizzonte delle ricadute immediate delle iniziative dell’amministrazione della Casa Bianca, c’è anche quello legato alla futura apertura di canali di navigazione stabili nell’Artico. La volontà degli Stati Uniti di disporre di un’industria navale mercantile autonoma rispetto alla Cina potrebbe dunque essere vista come un preludio alla futura competizione per il controllo dell’Artico, nel quale la Federazione Russa e, di riflesso, la Cina, sono già di casa. 

L’ordine esecutivo include una strategia per l’Artico, una regione di crescente importanza geopolitica e commerciale, come dimostra l’attenzione che l’amministrazione Trump ha per la Groenlandia. Con il riscaldamento globale che apre nuove rotte marittime e risorse naturali, il controllo dell’Artico diventa cruciale per le ambizioni economiche e strategiche degli Stati Uniti.

Ti potrebbero interessare